lunedì 12 gennaio 2015

Il valore di una esperienza politica

In Italia da sempre c’è chi si batte per cambiare le cose. Perché ha bisogno di una casa, di reddito o almeno di un lavoro ben pagato, perché vuole difendere i territori dalla devastazione ambientale, perché vuole avere diritto di parola sulle decisioni che ogni giorno prendono il governo italiano e l’Europa. I media mainstream operano incessantemente per disconoscere il valore politico di quelle esperienze. Polizia e magistratura criminalizzano ogni istanza sociale e politica che provenga dal basso, ogni evento politico, manifestazione o discussione diventa solo una questione di ordine pubblico.
Abbiamo scoperto nostro malgrado un nuovo livello della repressione, quello che si abbatte sul singolo individuo, tramite un provvedimento amministrativo.




A metà Dicembre un membro del nostro collettivo ha ricevuto un “avviso orale” da parte del Questore di Bari che dichiara di avere “sospetti tali da farlo annoverare nelle categorie delle persone di cui alle lettere A.B.C. dell’Art.1 del D.Lvo 159/2011” e presuma “ che lo stesso, viva almeno o in parte con proventi di attività delittuose e che sia pericoloso per la sicurezza pubblica". Sulla base di sospetti e presunzioni, senza poter difendersi in un processo, a un nostro compagno è stato imposto “il divieto di possedere, in tutto o in parte qualsiasi apparato di comunicazione ricetrasmittente" ovvero parliamo dell’utilizzo del telefono cellulare e degli account individuali di internet.

Inutile spiegare quanto questa pena senza processo possa incidere negativamente su una persona, che si trova privata in maniera arbitraria delle sue libertà individuali, che non può essere contattata né contattare i suoi cari, che rischia il lavoro perché non può essere reperibile. Ma su cosa si basa questo reato amministrativo? Si basa su fattispecie giuridiche completamente diverse tra loro, incollegabili sia nel tempo che rispetto alla materia: una condanna per la Fini-Giovanardi risalente a più di 8 anni fa e a un evento del 2014: una “segnalazione” per “turbativa di manifestazione elettorale”, ovvero per la sua identificazione ad una manifestazione di contestazione a Renzi, ospite della campagna elettorale del futuro sindaco di Bari Antonio Decaro.

La Fini-Giovanardi è una legge infame che ha equiparato i consumatori di droghe leggere o pesanti agli spacciatori, riempiendo le carceri italiane di consumatori di sostanze stupefacenti, devastando la vita di migliaia e migliaia di persone che per pochi grammi di Marijuana, si sono ritrovate in carcere, costrette a patteggiare per un reato che non avevano commesso pur di uscire dal carcere nel più breve tempo possibile. Il nostro pensiero va a quelli che non hanno retto al peso del carcere e ne sono rimasti vittima.

Negli ultimi mesi, parte della discussione politica all’interno dell’Ex-Caserma Liberata è stata centrata sull’analisi dei sistemi repressivi messi in atto dallo Stato contro i movimenti sociali da Genova 2001 ad oggi. Oltre 17000 denunce, centinaia di arresti (quasi 300 nel solo 2014), decine di processi a carico di militanti dei movimenti, agli appartenenti a collettivi antagonisti, ai blogger, agli hacker. Nei fatti, oramai, chi si oppone allo status quo è un devastatore, un saccheggiatore, un delinquente; chi si oppone al dominio dell’impresa privata sulla vita delle persone, sui beni comuni, sull’ambiente, è un terrorista; chi partecipa ad una manifestazione o ad un corteo di protesta è una persona socialmente pericolosa.

Al di là della evidente diffamazione, ci troviamo difronte ad un nuovo livello della repressione, in cui la macchina dello Stato e di tutti i suoi apparati agiscono contro il corpo di un solo uomo, dove le presunte motivazioni, “gli elementi di fatto” e “gli elementi di diritto” si cancellano, diventano illeggibili, al fine di intensificare i processi di isolamento e vuoto pneumatico.
Una repressione che punta all’ingabbiamento sociale, attraverso la negazione dello stato di diritto, in una catastrofe al rallentatore fatta di burocrazia, ricorsi, avvocati, problemi sul lavoro, negazione delle relazioni e degli affetti. Una nuova forma di Daspo sociale che non comprendiamo e che rigettiamo perché completamente anti democratica, sproporzionata e completamente priva di ogni senso logico.

Aggiungiamo inoltre che questo atto è solo l'ultimo di una serie di rappresaglie che l’esperienza di auto-organizzazione che è l' Ex Caserma Liberata ha dovuto affrontare. Ricordiamo non ultimo il clima di tensione alimentato da testate giornalistiche quali La Repubblica, che con l’articolo del 21 ottobre 2014 intitolato “Dai No Tav alla bomba in aeroporto gli antagonisti della porta accanto” a firma di Giuliano Foschini, senza analisi e senza confronto, raccontava un ingarbugliato minestrone fatto di percicolosi antagonisti, presunto squadrismo di sinistra, lotte No Tav e l’immancabile terrorismo. Ci chiediamo se la vera causa di simili allarmismi non sia in realtà il desiderio di ostacolare il vento di cambiamento che con l’occupazione della Caserma Rossani ha soffiato sulla città, non solo dal punto di vista dell’aggregazione sociale, ma anche per la chiarezza con la quale abbiamo affrontato alcuni temi politici, non ultima la battaglia portata avanti sulla Progettazione Partecipata e sul destino dello spazio stesso, una battaglia contro la speculazione che ricordiamo è tutt’ora in corso.

Invitiamo tutti quanti a tenere alta l’attenzione su ciò che accade nella città di Bari e a mobilitarci insieme contro provvedimenti amministrativi vessatori, iniqui e fortemente antidemocratici come quello cui è stato fatto oggetto un nostro compagno. Per questo lanceremo un’assemblea pubblica che si terrà Venerdì 16 Gennaio alle ore 18.00 attraverso la quale informare la città di Bari e costruire una campagna di mobilitazione.

Nessuno rimarrà indietro, si parte e si torna tutti insieme.
Collettivo Ex-Caserma Liberata

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